Da caposcuola del cabaret, trasformava ogni numero in un teatro dell'assurdo.
Jannacci jr e Gentile (amico, confidente, vicino di casa e di palestra) ricordano e raccontano con tenerezza ma anche e soprattutto con la consapevolezza di dover reimporre al centro del dibattito un cantautore di portata devastante. Per lui «L'importante è esagerare», magari andando a Sanremo a parlare di droga («Se me lo dicevi prima», 1989;) o di mafia («La fotografia», 1991) o in coppia con Paolo Rossi («I soliti accordi», 1994) o con un titolo come «Quando un musicista ride» (1998). Il figlio Paolino è ormai spalla fidata, «Come gli aeroplani», «L'uomo a metà» sono gli album del nuovo corso, tropo presto interrotto. Due anni dopo Mina lo incorona dedicando un album intero al suo repertorio, spingendolo probabilmente al ritorno del 1979, tra concerti e un disco scomodo e lunare come «Fotoricordo». Nel fatidico 68 la follia di «Vengo anch'io», inno dell'emarginazione immotivata scritto con Fiorenzo Fiorentini, lo porta per la prima e ultima volta in cima alla hit parade, allora condotta da Lelio Luttazzi. Nemmeno la morte, che in Italia è processo santificatore, almeno nell'immediato, è servita a dare a Enzo Jannacci quel che è di Enzo Jannacci.