Sovraccarichi, avviliti, depressi. Stanchissimi. Quando invece dovremmo essere sempre efficienti, dinamici, creativi. Siamo oppressi ma anche innamorati del ...
Mettere in un pentolino il latte con i semi della bacca di vaniglia e portare il tutto a una temperatura di 70°. E la città di Palermo che per la prima volta, durante il mandato di Elda Pucci, la Dottoressa, si costituisce parte civile in un processo di mafia. Per prima cosa preparare la pasta choux: versare in una casseruola l’acqua, il burro tagliato a pezzetti, lo zucchero e il sale. Un’attrice, un ensemble di voci, il palcoscenico: la storia di una donna, di una città, di un anno. Cavalli di battaglia sono i cornetti (guai a chiamarli brioche o croissant!) proposti in più di 10 varianti ogni giorno insieme ai classicissimi pastiera, sfogliatella, pastierina e caprese. Raccontare infine di come a distanza di ancora un anno, il 20 aprile del 1985, la casa di Piana degli Albanesi di Elda Pucci salta in aria spinta da due cariche di esplosivo. Raccontare di come a Palermo, il 19 aprile 1983, per la prima volta nella storia della città, una donna, Elda Pucci, la dottoressa, è eletta sindaco. Una coraggiosa presa di coscienza per capire finalmente che il lavoro – per quello che oggi l’abbiamo fatto diventare – è una trappola, una a cui dobbiamo a tutti i costi sottrarci. Maura Gancitano e Andrea Colamedici - filosofi e scrittori, ideatori di Tlon, scuola di filosofia, casa editrice e libreria teatro - attraverso esplorazioni storiche e accurate ricognizioni del presente, ci spingono a riflettere sulle origini e gli sviluppi di un concetto, quello di lavoro, sfaccettato e controverso, mettendone in luce i legami con ciò che abbiamo di più sacro, come la religione o la moralità. Che poi è la cosa più bella che una serie ti può dare. Chi me lo fa fare di continuare a credere che il lavoro dei sogni arriverà e non mi sembrerà nemmeno più di lavorare? Chi me lo fa fare di continuare a pensare che se mi impegno, prima o poi ce la farò?
I Medici di Ottajano, che a partire dalla metà del '600, chiamarono i primogeniti, destinati a ricevere il titolo di Principe, o Giuseppe o Michele, ...
Ma le famiglie dei “signori” ottajanesi, che avevano occupato gli spazi lasciati dai Medici, avevano quasi tutte il cuoco in casa, e partecipavano a una vera e propria gara tra cuochi: erano cuochi di prima fila quelli dei notai Gregorio Gionti e Raffaele Saggese e dei medici Francesco Cola e Giuseppe Minichini: ce lo dicono i documenti di contratti di matrimonio, di pranzi nuziali e delle sagre che si tenevano a maggio e a settembre. Le carte ci dicono che il pane era, a Ottajano, “simbolo” della festa di San Giuseppe, perché lo distribuivano ai “miseri” anche le famiglie dei “signori” e le congreghe: e mi pare giusto, perché il pane è il simbolo più alto e più completo dell’istituzione famigliare. Certamente non c’erano le zeppole nei “pacchi” che Giuseppe IV Medici, e poi suo figlio Michele, e infine Giuseppe V, che chiuse la storia della famiglia, usavano donare ai “miseri” di Ottajano il giorno di San Giuseppe, a Pasqua, l’8 maggio sacro a San Michele, e a Natale: c’erano, in quei” pacchi”, pasta, vino e pane.