C'è una suadente malinconia oggi che irrora la poesia, quella modalità sontuosa di leggere le cose della vita, belle e brutte. È l'evento della nascita di ...
Ovviamente la compagna si innervosisce e spazientisce, ma l’ironia dissacrante e divoratrice dei luoghi comuni -fatti di frasi stupide e caramellose e confacenti al contesto- non si ferma e Massimo ben augurante esclama: “ ma siamo ancora al primo tempo”. “ Si ora me lo segno”. Lui sfuggiva, si crogiolava nella sua lussureggiante pigrizia, usciva poco di casa ed affondava il tempo del giorno in un divano. Con Benigni in “ Non ci resta che piangere” ha toccato il diapason dell’ilarità: Savanarola esclama con fermezza infernale: “ricordati che devi morire”. Le sue pause erano magistrali. Per esempio in “Scusate il ritardo”, incurante delle belle gambe della De Sio a letto mentre amoreggiavano, non si perde in beceri e pelosi complimenti per l’amata, ma accende la radio per sentire come va il Napoli dalla voce stentorea di Enrico Ameri in “Tutto il calcio minuto per minuto”: sta perdendo in casa con il Cesena.
Un rituale che Troisi ha replicato nel film “Che ora è”, dove recita la parte del figlio con un indimenticabile Marcello Mastroianni, sotto la regia di Ettore ...
10 febbraio 2023 13 febbraio 2023 Nel finale del film del 1984 i due amici, Mario e Saverio, smarriti nel paesino di Frittole, nell’anno 1492 “quasi millecinquecento”, incontrano Leonardo da Vinci. Come ogni 6 gennaio partecipava con la famiglia alla festa della Befana del ferroviere, dedicata ai figli dei dipendenti di Ferrovie dello Stato, dove puntualmente riceveva in regalo un trenino elettrico. Noi allora facevamo a gara a chi riusciva a leggere più notizie memorizzando anche i particolari più marginali della cronaca e tutte le volte che io lo battevo, lui si stupiva di come riuscissi a scovare anche la notizia più nascosta. Un rituale che Troisi ha replicato nel film “Che ora è”, dove recita la parte del figlio con un indimenticabile Marcello Mastroianni, sotto la regia di Ettore Scola.
Quello di strascicare pigramente le parole, intervallate da silenzi, diventano improvvise battute spiazzanti in lingua napoletana. È come il ragù partenopeo, è ...
È solo un dettaglio, se la notte del 4 giugno di 29 anni fa il suo ‘cuore matto’ ha finito di ticchettare. Le sue battute stralunate, i ragionamenti contorti, l’andare oltre il punto di vista più scontato, il piegare l’evento negativo, trasformarlo, cercare la consolazione per poi ricominciare è l’humus segreto partenopeo. La battuta non è mai fine a se stessa ma sempre legata a un pensiero, appunto il ‘pippiare’, prendersi il tempo per riflettere con pacienza (pace più pazienza, scrive Erri De Luca). Massimo Troisi è cibo di popolo, riesce ad unire – caso unico – le due Napoli di Domenico Rea e il Sud e il Nord del Paese. La sua voce è un sussurro buffo e poetico. Tempi comici pazzeschi, battute improvvisate, follia quasi surrealista, invenzioni, racconto del reale che diviene farsa nel mostrare le contraddizioni, una comicità per sottrazione, il non detto accompagnato dalla gestualità e dalle sfumature della lingua napoletana.
Artista indimenticabile, un grande attore, comico, regista ed anche poeta. Massimo Troisi avrebbe compiuto il 19 febbraio 70 anni: è rimasto nella nostra.
Lunedì 20 febbraio 2023 alle ore 11, presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, il rettore Matteo Lorito conferirà la laurea Honoris Causa a Massimo Troisi, che verrà consegnata alla sua famiglia. invece era un calesse del 1991 fino all’ultimo splendido film interpretato da Massimo Troisi Il postino per la regia di Michael Radford del 1994. Massimo Troisi oggi avrebbe compiuto 70 anni perché era nato a San Giorgio a Cremano, a due passi da Napoli, il 19 febbraio 1953.
Pubblichiamo come omaggio al grande artista il testo scritto da Anna Pavignano, co-sceneggiatrice di tanti suoi film, tratto dal libro "Troisi 70", d…
Il pregio di Massimo è stato di essere consapevole del suo essere Peter Pan e quindi di non essersi accollato pesi che poi non avrebbe saputo reggere. Oggi è normale che a quarant’anni un uomo si senta ragazzo, non voglia ancora prendersi la responsabilità di figli e famiglia. La storia che suo padre, il padre di Werner il traghettatore, era stato in guerra e un tedesco, un certo Herbert, gli aveva salvato la vita. Era Pater Pan che teneva la sindrome di Troisi!”. E se qualcuno gli avesse chiesto della sindrome di Peter Pan, se ne fosse affetto o meno, avrebbe con sicurezza risposto: “No, non l’ho mai avuta. Corse a prua, si gettò in acqua e si mise tra il barcone e la canoa prima dell’urto, spingendo lontano, a forza di braccia, la leggera imbarcazione con a bordo le ignare famiglie di comparse indios. Ma la cosa più straordinaria fu che nei panni di sé stesso e non del suo personaggio salvò delle vite. Oggi la percezione stessa del senso di responsabilità è cambiata, la sindrome si è tanto diffusa da diventare endemica e lancia in un tempo indefinito le aspettative di giovinezza. Massimo, per sentirsi addosso il personaggio, lo cambiò in un italiano che viveva in America del Sud e che si arrangiava, ma che era onesto e aveva la passione del calcio. Era un tedesco, di nome Werner, aveva a che fare con il mondo della droga e della malavita. Esorterebbe a non esagerare, farebbe la sua faccia vergognosa e nasconderebbe l’espressione felice coprendosi un po’ con le mani, come in certe sue fotografie dove la posa è scelta con consapevolezza. Quelli che mi incontrano e dicono: “Fatti toccare, fatti toccare!” e io subito non capisco e mi preoccupo.
Forniti da Archivio Luce, contengono interviste e spezzoni dei suoi film.
Era sé stesso, e questa sì che era una rivoluzione. Quando andava in scena, fingeva il giusto e si tratteneva. Per lui, disse una volta Ettore Scola, gli attori ...
Troisi era Troisi, così come Totò era Totò e De Filippo era De Filippo. Non solo è l’ultimo diretto da Troisi, ma è un miscuglio di tante cose, di tante sfumature, del cinema che parla d’amore e dell’esperienza di un ragazzo che è diventato uomo e che di colpo, nel gioco che è l’arte, ha capito. Il Postino è l’ultima cosa che Troisi ha fatto, e la chiamo così, cosa, per un motivo preciso. E lo fece con Arena e Decaro. invece era un calesse, Troisi si era preso una pausa dalla regia e s’era affidato, con l’anima e con il pensiero, a Ettore Scola. Troisi era riccioluto come Maradona, e per qualcuno – per più di qualcuno, via – rappresentava la stessa cosa: il riscatto. E bastano una camera, una penna e un foglio bianco. Troisi era Napoli e Napoli era Troisi nell’immaginario comune, oltre i confini della Campania. Troisi era un Masaniello più pacato, più furbo, profondamente attento e consapevole. La sua Napoli, e una società che si diceva moderna, al passo con i tempi, e che in realtà era schiacciata dal conservatorismo della borghesia e della Chiesa. E in qualche modo, con i suoi film e le sue opere, era in grado di sintetizzare un altro modo di essere napoletani. Un gesto, una smorfia, una manciata di parole masticate e farfugliate confusamente.