La leggerezza dei suoi movimenti con la maglia di North Carolina, matricola terribile, secco e magro come un grissino. Il suo arrivo in Nba, terza scelta del ...
Se Jordan è forse il più popolare tra i giocatori della Nba, è sicuramente uno dei più impopolari tra gli "owner". Un altro canestro, ben fatto, per festeggiare, al meglio, i primi 60 anni di basket e vita. Nel primo anno di contratto con "il baffo" ha sfiorato i 130 milioni di dollari di prodotti venduti. Una maglia della North Carolina ha superato, e di molto, il milione di dollari. È il 14 giugno del 1998, l'ultimo atto di Jordan con i Bulls. Il 25 settembre del 2001 riallaccia le scarpe, marchio Jordan, e riprende a divertirsi e a divertire con i "maghi" della Capitale. Il canestro contro gli Utah Jazz e Byron Russell, di talento e mestiere, è ancora considerato tra i capolavori del gioco. È il leader, emotivo, tra un canestro e una buca da golf, insieme ai suoi "amici-nemici" di sempre. Il livello è troppo alto e Michael decide, il 18 marzo del 1995, di tornare al suo amore, il basket, e a casa sua, Chicago. Per questo, a volte, il più piccolo è costretto a sceglierne un altro. Le rivalità con i Pistons, i Knicks, i Celtics, i Lakers e i Jazz. Un anno clamoroso, quello, con giocatori del calibro di Barkley e Stockton.
Non solo il più grande giocatore di basket di sempre, Michael Jordan è anche un'icona culturale e un marchio. Storico l'accordo per le Nike Air Jordan.
[Ben Affleck](https://www.iconmagazine.it/eventi/ben-affleck-compie-50-anni-rinascita-di-un-vincente/) ripercorre la partnership tra un giovane Michael Jordan e la nascente divisione dedicata al basket della Nike, capace di rivoluzionare il mondo dello sport e la cultura contemporanea con il lancio del marchio Air Jordan. Per lui è un altro tiro da tre centrato: il film esce al cinema nel 1996, dopo che i Chicago Bulls hanno vinto il loro quarto titolo Nba e stabilito il record di vittorie. Il marchio Jordan di proprietà della Nike oggi continua a prosperare e le royalties sulle scarpe costituiscono per l’ex campione la maggior parte dei suoi introiti. È in quell’occasione che il 33 dei biancoverdi, a fine partita scuotendo la testa, omaggiò l’avversario con la frase rimasta epica: «Quello era Dio travestito da Michael Jordan». «Dio travestito da Michael Jordan»: questo è MJ secondo il rivale e amico Larry Bird. Come le scarpe Air Jordan, frutto di un accordo storico con la Nike, che ora rivive in un film
Compleanno speciale per Michael Jordan, nato il 17 febbraio 1963 e storica icona del basket NBA (e non solo) sia dentro che fuori dal campo: un giocatore ...
In testa e in fondo al pezzo sono dunque riportati due estratti dei primi anni della carriera di Jordan - sapientemente raccontato da Federico Buffa in uno speciale prodotto da Sky Sport - quando arrivato nella lega riuscì da subito a far capire a campioni dello spessore di Magic Johnson e Larry Bird quale fosse la sua pasta, nonostante la giovane età. Per MJ è arrivato un compleanno speciale come quello dei 60 anni: un traguardo non da celebrare, ma utile per fare il bilancio e tirare le somme di una carriera che fa impallidire molti altri al confronto. Giocate che portarono al tributo di Larry Bird: “Ho visto Dio ed era vestito da Michael Jordan”
Oggi è il compleanno di un atleta che ha influenzato la cultura di massa, dal marketing sportivo al cinema: non solo Space Jam e The Last Dance, ...
La meravigliosa docu-serie targata Netflix, che racconta la carriera di MJ in parallelo alla sua ultima, epica vittoria con i Bulls, ha imposto uno standard di qualità per il prodotto documentaristico che negli ultimi anni è letteralmente proliferato al cinema e sulle piattaforme. Ma al di là delle imprese sportive e delle chiacchiere da bar - che noi italiani siamo più abituati a fare con il calcio -, c’è una cosa che Michael Jordan ha fatto e che non potrà mai essere replicata: cambiare il modo in cui l’immagine di una star viene celebrata, trasformata in icona e, soprattutto, venduta. In questa sede non ci soffermeremo a elencare la lista incredibile di record e imprese individuali e di squadra di quel prodigio di atletismo e mentalità vincente che ha indossato per oltre un decennio la casacca rossa numero 23 dei Chicago Bulls.
Sessant'anni fa, a New York, nasceva Michael Jeffrey Jordan, da molti considerato la più grande icona sportiva di sempre a livello globale.
Guardate, il suo ultimo tiro con i Chicago Bulls, il celeberrimo “The last shot”: a pochi secondi dalla fine, quando sta per sfuggire l’impresa che lo avrebbe consegnato alla storia come il più grande di sempre, Jordan va dall’avversario più temuto, Karl Malone, gli ruba la palla, si reca con calma impressionante verso il canestro avversario, una finta a sbilanciare il marcatore, tiro… la storia di Michael Jordan di David Halberstam (Magazzini Salani), ho capito che la vera unicità di Jordan risiede a un livello più alto, potrei dire spirituale. Avendo visto e rivisto il meraviglioso documentario The Last Dance che ha incantato il mondo durante la forzata clausura della pandemia, avendo compulsato ripetutamente i libri imperdibili Michael Jordan, la vita di Roland Lazenby (66th and2nd) e Air.
Gli anelli (6 con i Bulls), i due ori olimpici, i tre ritiri, la ricchezza spropositata, la celebrità interplanetaria, le scarpe iconiche: niente di ciò che ...
E poi, certo, ci sono anche gli aspetti meno aulici: giocatore d’azzardo accanito, personaggio praticamente inavvicinabile e non facile anche per i compagni di squadra (come abbiamo imparato da Ma Michael Jordan è nel ristrettissimo club dei «fuori categoria» per tante ragioni: campionissimo, vincitore seriale, macchina da soldi, icona ricordata da due lettere diventate marchio di culto (MJ) o da un soprannome (Air) che ha battezzato pure una linea di scarpe, figura ancora più grande perché sdoganata su scala planetaria anche al cospetto di chi conosce poco o nulla di basket e di Nba. La passione per i sigari e l’Italia
Su Michael Jordan si sono sprecati gli aggettivi lungo gli anni. Icona, superstar, “His Airness”. Un mito, una leggenda.
La legacy di Jordan sullo sport mondiale è ancora talmente forte che il 5 aprile uscirà nei cinema il film “Air” (prodotto e recitato da Ben Affleck e Matt Damon) sulla storica partnership commerciale tra l’asso dei Bulls e la Nike. Due anni prima, contro Utah, schiacciò in testa a John Stockton (185 cm); un tifoso avversario gli urlò di provarci con uno più alto e nell’azione successiva la vittima di Jordan (198 cm) fu tale Mel Turpin (211 cm). Jordan è per gli americani il più grande sportivo di sempre. Tra gli aneddoti: prima del via di Orlando-Chicago del 1990 sparì (rubata) la casacca numero 23. Più di Alì, Babe Ruth (il guru del baseball). Oggi che Michael Jordan di anni ne compie 60, i giocatori del Charlotte Hornets (di cui è proprietario) temono di trovarselo in pantaloncini all’allenamento dopo una sconfitta.
His Airness compie 60 anni. Ecco come ha creato il concetto di atleta moderno, economico e mediatico. Buon compleanno, Michael Jordan!
Ha sempre fatto dell’autocontrollo e della rilassatezza di fronte al mondo il suo punto di forza, la bandiera di una confidenza e fiducia in sé clamorose. [Conor McGregor](https://www.esquire.com/it/sport/a39965387/come-conor-mcgregor-e-passato-da-idraulico-a-artista-marziale-misto-da-record/), si autodefiniscono i più grandi di sempre. Rivederlo ancora oggi su YouTube, acquistare le scarpe marchiate dal suo volo, è il continuum di rivoluzione che non abbiamo mai visto veramente. [LeBron James](https://www.esquire.com/it/stile/moda-uomo/a36619374/lebron-james-look/), rimane il simbolo di grandezza assoluta. Se Michael fosse stato un’attivista come Alì, se avesse compromesso il suo obiettivo di essere un eroe sportivo commercialmente spendibile per tutti, oggi loro non potrebbero avere il potere economico e mediatico che hanno. Il marchio Jordan ad oggi fattura 3 miliardi all'anno, ed è molto più di quanto gli abbia dato la Nike, che lo paga quattro volte più di LeBron. [Air Jordan](https://www.esquire.com/it/stile/accessori-uomo/g42754505/scarpe-air-jordan/), e creò una rivoluzione culturale e politica che nessuno immaginò. Michael Jordan invece non è mai stato compreso nella sua dimensione di titanico sforzo per mostrare che i diritti economici erano una parte fondamentale per il cambiamento. Di fatto, oggi è l'unico proprietario afroamericano di una franchigia dell'NBA, gli Hornets, ha fondato il 23XI Racing della NASCAR, con il primo pilota di colore alla guida. Di Jordan ancora oggi nessuno ha mai sottolineato abbastanza l'incredibile abilità nell’essere manager sé stesso e della sua immagine, sopportando una pressione mediatica, uno stress ed attenzioni, che non hanno probabilmente pari. Questa è la frase che ancora oggi molti rimproverano a Michael Jordan, che a suo tempo non appoggiò il senatore afro-americano Harvey Gantt nelle elezioni in North Carolina contro il repubblicano Jesse Helms. Ma questa forse è in realtà una lettura alquanto semplicistica di quanto "His Airness" sia stato capace di proporre con determinazione un modello di successo incredibilmente rivoluzionario, in grado di avere un impatto tanto economico, quanto culturale e sociale profondissimo.
Se nel tennis e nel calcio ci si divide su chi sia stato il più grande, nel basket il dubbio non c'è. Ha vinto 6 campionati NBA, due ori olimpici, ...
Nel primo anno di contratto con "il baffo" ha sfiorato i 130 milioni di dollari di prodotti venduti. Un altro canestro, ben fatto, per festeggiare, al meglio, i primi 60 anni di basket e vita. Nella vita di Jordan c'è spazio anche per le delusioni e i fallimenti. Il 25 settembre del 2001 riallaccia le scarpe, marchio Jordan, e riprende a divertirsi e a divertire con i "maghi" della Capitale. Canzoni come "I believe I can fly" di R Kelly, uscito quello stesso anno, diventa iconica legandosi alle aspirazioni dell'adolescente Jordan, palla in mano, davanti a un canestro di periferia, sotto lo sguardo benevolo del padre. Cinque volte è stato insignito del premio di "miglior giocatore della stagione" (MVP), un premio che dal 2022 porta il suo nome. È il 14 giugno del 1998, l'ultimo atto di Jordan con i Bulls. E' stato una moda che ha affascinato milioni di ragazzi: "Be like Mike" non era solo un fortunato slogan pubblicitario. È stato la personificazione del concetto di Dream Team. A 21 anni conquistò il suo primo oro olimpico, a Los Angeles, mentre due anni dopo, al termine di una partita dei playoff al Boston Garden vinta da Chicago grazie ai 63 punti della sua 'stella', fece dire a un grande come Larry Bird (ex cestista e allenatore): "Quello non era Jordan, ma Dio travestito da Jordan". 'His Airness' (un altro dei suoi soprannomi) è nato figlio di James Jordan, un operaio della General Eletric che l'avrebbe voluto una stella del baseball. Per un anno si allenò da solo e a 19 era già considerato un 'mostro' trascinando North Carolina al titolo universitario con un tiro decisivo a pochi secondi dal termine della finale.
MJ compie sessant'anni. E a quasi venti dalla sua ultima partita in Nba, il suo marchio è inossidabile, dalle scarpe alle magliette.
E questo probabilmente perché “Jordan ha avuto la nonchalance di essere il migliore quasi senza volerlo, ha lasciato e rilasciato il basket per inseguire progetti folli, tipo quello di diventare anche un campione del baseball: gli è andata male. Tenere per i Bulls vuol dire fregarsene dei risultati sportivi e tenere per un idea di campione sportivo: Michael Jordan. E qui entra il lavoro fatto da Nike nel trasformare Michael Jordan in un simbolo, “che è anche un marchio”: il Jumpman. E questo nonostante non vincano niente dalla Last dance di Jordan e siano riusciti ad arrivare ai playoff solo dodici volte e solo una volta siano riusciti a raggiungere le finali di Conference dall’addio di MJ. Jordan è il Jumpman e molte cose in più. Al punto di fondersi in un un tutt’uno che ancora esiste e funziona. Chicago all’epoca era un nulla cestistico: una franchigia che non aveva mai vinto niente, non era mai andata alle Finals e aveva raggiunto la finale di Conference (le sfide che determinano chi accede alla finalissima per l’Anello, ndr) solo due volte nella storia”, fa notare Tyrrell, sottolineando che questo “fu la grande fortuna di Jordan e, pure della Nike: perché Jordan non solo si dimostrò un cestista eccezionale, riuscì a mettere in pratica il sogno americano: in mondovisione riuscì a trasformare i perdenti in vincenti. Qualcosa che legò indissolubilmente un grande campione che ancora non aveva dimostrato davvero di esserlo a un’azienda. Lo scatto del fotografo Jacobus Rentmeester immortalava Michael Jordan intento a “volare” verso il canestro a gambe aperte, braccio sinistro teso con il pallone in mano. E il ragazzino che è nato parecchio dopo l’ultima partita di MJ dice di non essere il solo: “Ci sono i LeBronisti, quelli per Doncic o Giannis, e poi ci siamo noi Jordanisti, che abbiamo l’hype più alto”. Per Tyrrell “se Michael Jordan avesse giocato ai Lakers o ai Celtics sarebbe comunque diventato un mito sportivo, ma non con la forza con la quale si è imposto nell’immaginario pubblico con la casacca dei Bulls”. [a docuserie uscita su Netflix il 19 aprile 2020](https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/05/03/news/non-esiste-motore-piu-potente-dellossessione-che-rovina-ma-rende-eterni-316018/) (e che da mercoledì 15 febbraio 2023 viene trasmessa in prima visione televisiva su DMAX, canale 52 del digitale terrestre) [che racconta la carriera di MJ a partire dalla stagione 1997-98](https://www.ilfoglio.it/uffa/2020/06/16/news/lera-di-michael-jordan-altro-non-e-che-un-impareggiabile-romanzo-da-brividi-321002/), quella dell’ultimo dei sei Anelli che ha vinto con i Chicago Bulls: The last dance, appunto.
Oggi Michael Jordan, leggenda del basket, compie 60 anni: una vita tra sport, spettacolo ed eccellenza per il giocatore dell'NBA.
“Essere testimone della loro forza e resilienza in momenti così difficili delle loro vite è stata una vera fonte di ispirazione“. [NBA](https://montenapodaily.com/2022/09/17/michael-jordan-venduta-a-10-milioni-di-dollari-la-maglia-delle-finali-nba-1998/), Jordan si è guadagnato il soprannome di Air Jordan per le sue incredibili performance sportive e i suoi canestri al limite della gravità, nonché per la quantità incredibili di trofei, medaglie e riconoscimenti ottenuti durante una carriera unica nel suo genere: sei anelli di campione NBA, due ori olimpici ( [Los Angeles](https://montenapodaily.com/2023/01/23/chanel-la-cruise-2024-sfilera-a-los-angeles/) 1984 e Barcellona 1992), cinque volte MVP del campionato nord americano e sei delle finali, 14 volte All Star, ‘Rookie’ dell’anno nel 1985, nonché unico giocatore della storia a essere votato nello stessa stagione miglior difensore della lega e miglior giocatore in assoluto. [Michael Jordan](https://montenapodaily.com/2022/09/17/michael-jordan-venduta-a-10-milioni-di-dollari-la-maglia-delle-finali-nba-1998/), leggendario giocatore di basker natio di Brooklyn, festeggia oggi il suo 60esimo compleanno, coronando così un altro capitolo di una vita e di una carriera di grandi successi, sia sul campo che nella vita pubblica e privata.
Materazzi spiega il suo rapporto con Jordan: ”Il 23 è il numero che ho portato sulle spalle per quattordici stagioni, e sarebbero state quindici se ...
È stato unico a livello tecnico, imbattibile per perseveranza, un leader che ho provato a emulare, anche se non sono così presuntuoso da paragonarmi a lui. Quell’anno ho avuto pure l’onore di incontrarlo a Milano: avevo preparato un sacco di magliette da far firmare, ma mi dissero che non era il tipo, per cui mi presentai a mani vuote. Il 23 è il numero che Michael Jordan ha portato per sei volte alla vittoria del titolo Nba; il 23 è il numero che ho portato sulle spalle per quattordici stagioni, e sarebbero state quindici se all’Everton non l’avessi trovato occupato.