La canzone di Anna Oxa del 1978 e la cover di questa edizione, il lessico famigliare del Festival funziona sempre, anche quando i cantanti scelgono i brani più ...
Tengo per Anna Oxa che rifà “Un’emozione da poco” pur avendo l’età della ragione in cui sai di non essere il recriminatorio io narrante, ma quel farabutto che «non si è mai sentito finito, che non ha mai perduto». Tengo per la Oxa del 2023 perché tengo per la me dodicenne che venne sgridata, da un prete sul pullman in gita per Parigi, perché stava trascrivendo sul diario quel verso di “A lei” che diceva «facendole l’amore, togliendole il bicchiere». Non è più minorenne, è sempre bellissima, forse è anche ancora punk (punk è per sempre, no?). È fatta a forma di leggenda: l’altroieri nessuno pensava alle canzoni in gara ma tutti a un pettegolezzo su lei e una giovane inutile che dietro le quinte si sarebbero tirate i bicchieri. Olly, chiunque egli sia, lo sa, e si porta la Cuccarini, con quel motivetto moschicida di cui non siamo mai riuscite a imparare il balletto che è “La notte vola”. «Volevo ricordarle signora Bruni che i disturbi alimentari sono una delle piaghe di maggior rilievo in questo periodo storico» (le mistiche che digiunavano nel Cinquecento in effetti non avevano Instagram; non avevano neppure Versace: chissà cosa digiunavano a fare). Lo sa pure Will, chiunque egli sia, che si porta Zarrillo che voi non pensate sia vostra biografia, voi negate d’essere state ventiequalcosenni che squarciagolavano «in me, non cicatrizzi mai», voi siete di squisita busciardìa. «È bizzarro che tu debba adattare il tuo corpo a un capo d’abbigliamento, perché non l’hanno fatto della tua taglia?» (questa mi gioco un McQueen vintage che non è mai andata in tv). Se fossi un autore di canzoni ventisettenne, e sapessi che c’è uno che alla mia età, nello stesso anno, scrisse “Pensiero stupendo” e “Un’emozione da poco”, forse farei il concorso alle poste. Se non sei Anna Oxa e non hai “Un’emozione da poco” da portare, farai meglio ad affidarti ai classici. Sono ragionevolmente certa che quando, due Sanremo più tardi, Ramazzotti portò una canzone che principiava con «Nato ai bordi di periferia», si stesse giustificando con mio padre perché non aveva messo lo smoking per andare alla televisione. Poiché ogni sera Morandi ruba un pezzetto del sé stesso al Duse, nello spettacolo teatrale in cui raccontava la sua storia, martedì ha anche fatto il pezzo sulle sue canzoni più brutte, e quindi anche lì: serata delle cover.