Gli eredi della memoria. I familiari dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti e l'eredità del dolore. Luigi Sagi e suo padre Nicolò vengono deportati ...
Il figlio di Luigi e Mirella si chiama come il nonno, Nicolò. Nonostante Luigi sia riuscito a sopravvivere all’inferno di Auschwitz e a costruirsi una nuova vita con la moglie e i due figli, i fantasmi del campo non lo hanno mai abbandonato. Il marito di Mirella, Luigi, e il padre di quest'ultimo Nicolò erano due ebrei fiumani deportati nel 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ci sarà qualcuno che ci penserà un momento come lei che è venuta qui per parlare, poi è chiaro, uscirà da qui e dirà: Oddio dove ho messo la macchina, ho preso questo, ho preso quell’altro, perché è la vita. I familiari dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti e l’eredità del dolore. A tormentarla, adesso, è la possibilità che con la lenta ma inevitabile scomparsa di tutti i sopravvissuti ai campi si possa perdere anche il ricordo di ciò che è accaduto.
“La quota degli eredi che hanno agito in petizione di eredità è stata pagata, previo accordo con l'imprenditore che aveva acquistato l'intero immobile oggetto ...
Di queste 1.845 duravano da oltre dieci anni e 4.414 da oltre tre anni. La causa è stata subito oggetto di attenzione dell’ex presidente del Tribunale Gaetano De Luca arrivo nel 2015. Si tratta di un vero e proprio record in quanto la vicenda di Vallo è sicuramente tra le cause civili più longeve d’Italia. La questione era arrivata all’attenzione dei giudici di Vallo nel lontano 1966 e dopo 55 anni si attendeva ancora la sentenza di primo grado. Le richieste di rinvio per tentare un accordo sono andate avanti per un tempo all’incirca pari a cinque anni. Dopo 56 anni é stata chiusa la causa civile aperta presso il tribunale di Vallo della Lucania.
Si è chiuso un processo a Torino con la condanna di un avvocato e della sua compagna.
L’indennità di accompagnamento viene concessa solo in casi eccezionali». Ne nasce un primo esposto e un primo processo in cui il tribunale di Torino condanna l’avvocato Portigliotti per appropriazione indebita aggravata a due anni e 2 mesi e dispone una provvisionale di 100 mila euro a favore di Lupo, che non vale nulla perché nel frattempo l’avvocato condannato aveva fatto transitare i suoi averi alla compagna Franca Maria Gabriele, che poi a sua volta li aveva restituiti al primo, così vanificando ogni possibile tentativo di rivalsa e sequestro. Lamenta anche di aver scoperto che una somma di 65 mila euro frutto di una sentenza per recupero di un credito del defunto padre non gli venne mai consegnata seppur legittimo erede, ma di aver ricevuto anzi una nota spese da 90 mila euro.
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La pagina di fb Molise La Voce continua a postare commenti e ricordi su Daniele e La Pecorella Nera. Amolivenews ha deciso di tributare al caro Daniele Berlingieri l’ultimo omaggio per il trigesimo dalla morte. Se ne stanno occupando a Roccamandolfi Ivan Di Marco (ex presidente Pro Loco), la presidente della Pro Loco Giuseppina Berlingieri, l’attore e regista Pierluigi Giorgio, di concerto con il sindaco Giacomo Lombardi. Con Daniele avevano ideato il loro progetto di vita. Alcuni lo hanno conosciuto di persona per vivere insieme a lui la lunga escursione di oltre dieci chilometri. Ed alla sola idea che le duecento pecore, stazionate sotto il tendone di Santa Justa, potessero rimanere senza la guida, anche per un solo giorno, lo hanno fatto rinunciare a sottoporsi ai doverosi accertamenti sanitari.
La quota degli eredi che hanno agito in petizione di eredità è stata pagata, previo accordo con l'imprenditore che aveva acquistato l'intero immobile oggetto ...
Ci sono stati ben sei decessi delle parti che hanno imposto l’interruzione del processo e poi la sua ripresa nei confronti degli eredi della persona deceduta. Ma perché in 55 anni non si era arrivati ad una sentenza? La quota degli eredi che hanno agito in petizione di eredità è stata pagata, previo accordo con l’imprenditore che aveva acquistato l’intero immobile oggetto dell’eredità e che lo aveva ristrutturato e rivenduto a terzi.
Ancora oggi il nome di Giorgio Levi Cases rimane legato all'università di Padova, grazie al centro di ricerca che porta il suo nome.
Difficile non vedere in quest’ultima disposizione la volontà di Armando, i suoi racconti degli anni di angoscia confortati dalla possibilità di accedere alla biblioteca del monastero e probabilmente anche dall’amicizia con il bibliotecario, il futuro abate don Isidoro Tell. [devoluto all’abbazia di Praglia](https://www.difesapopolo.it/Storie/Le-tracce-di-fede-dei-Levi-Cases-a-Praglia-si-nascose-nel-monastero-durante-la-guerra-dono-all-abbazia-i-testi-sacri-di-famiglia) “per l’incremento della sua biblioteca”, assieme a “tutti i libri, anche sacri, ovunque essi si trovino”. Con la collaborazione del Centro per la storia dell’Università di Padova. Il 13 novembre 1945 risulta una sua promozione e alla fine del 1946 se ne propone, senza successo, la nomina a vicedirettore in previsione del suo pensionamento, che avviene il 30 aprile 1947. Armando (nato a Padova nel 1879) e Giorgio (1882) sono rispettivamente il primo e il terzo di cinque fratelli nati da Giacobbe detto Giacomo e da Eloisa Jacchia: oltre a loro ci sono Edgardo (1881, morto dopo pochi giorni di vita), Alfredo Giuseppe (1883) e Gilberto (1897). [Centro studi di Economia e Tecnica dell’Energia Giorgio Levi Cases](https://levicases.unipd.it/), struttura di ricerca all’avanguardia che oggi coinvolge 52 gruppi di ricerca e 167 docenti, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione interdisciplinare in un settore decisivo per l’economia e l’ambiente come quello dell’energia. Giorgio viene collocato forzatamente a riposo il 1° marzo seguente, con una liquidazione di circa 160 mila lire, mentre ad Armando non viene semplicemente rinnovato l’incarico di insegnamento. Eppure ancora oggi, a 85 anni di distanza, il nome Levi Cases è ben presente e vivo nell’università di Padova, per ragioni che però a molti rimangono non del tutto chiarite. Giorgio infine svolge quasi tutto il suo percorso professionale a Roma, dove sin dalla sua fondazione nel 1912 è una figura di spicco dell'Azienda Elettrica Municipalizzata (futura ACEA). Eppure nessuno dei fratelli Levi Cases si sposerà e avrà figli, e anche questo è un dettaglio non secondario nella storia che stiamo raccontando. All’apparenza si tratta di una delle tante ferite nelle storie delle persone e in quella di un’istituzione che, come l’università, aveva fatto della libertà il suo motto. Il 20 agosto 1938 “Il Bò”, quindicinale del Guf (Gruppo Universitario Fascista), pubblica i nomi di tutti i professori ebrei in servizio presso l’Università di Padova.
L'ex procuratore aggiunto di Palermo era stato nominato dalla Bersagliera prima della morte. "Il testamento? Per il figlio non c'è nulla"
Anzi per lei era il figlio che avrebbe voluto avere". Lei aveva detto che non voleva lasciare niente al figlio e in pratica non gli ha lasciato nulla, a meno della "legittima". Per il figlio non c'è nulla"
Ancora oggi il nome di Giorgio Levi Cases rimane legato all'università di Padova, grazie al centro di ricerca che porta il suo nome.
Difficile non vedere in quest’ultima disposizione la volontà di Armando, i suoi racconti degli anni di angoscia confortati dalla possibilità di accedere alla biblioteca del monastero e probabilmente anche dall’amicizia con il bibliotecario, il futuro abate don Isidoro Tell. [devoluto all’abbazia di Praglia](https://www.difesapopolo.it/Storie/Le-tracce-di-fede-dei-Levi-Cases-a-Praglia-si-nascose-nel-monastero-durante-la-guerra-dono-all-abbazia-i-testi-sacri-di-famiglia) “per l’incremento della sua biblioteca”, assieme a “tutti i libri, anche sacri, ovunque essi si trovino”. Con la collaborazione del Centro per la storia dell’Università di Padova. Il 13 novembre 1945 risulta una sua promozione e alla fine del 1946 se ne propone, senza successo, la nomina a vicedirettore in previsione del suo pensionamento, che avviene il 30 aprile 1947. Armando (nato a Padova nel 1879) e Giorgio (1882) sono rispettivamente il primo e il terzo di cinque fratelli nati da Giacobbe detto Giacomo e da Eloisa Jacchia: oltre a loro ci sono Edgardo (1881, morto dopo pochi giorni di vita), Alfredo Giuseppe (1883) e Gilberto (1897). [Centro studi di Economia e Tecnica dell’Energia Giorgio Levi Cases](https://levicases.unipd.it/), struttura di ricerca all’avanguardia che oggi coinvolge 52 gruppi di ricerca e 167 docenti, con l’obiettivo di promuovere la collaborazione interdisciplinare in un settore decisivo per l’economia e l’ambiente come quello dell’energia. Giorgio viene collocato forzatamente a riposo il 1° marzo seguente, con una liquidazione di circa 160 mila lire, mentre ad Armando non viene semplicemente rinnovato l’incarico di insegnamento. Eppure ancora oggi, a 85 anni di distanza, il nome Levi Cases è ben presente e vivo nell’università di Padova, per ragioni che però a molti rimangono non del tutto chiarite. Giorgio infine svolge quasi tutto il suo percorso professionale a Roma, dove sin dalla sua fondazione nel 1912 è una figura di spicco dell'Azienda Elettrica Municipalizzata (futura ACEA). Eppure nessuno dei fratelli Levi Cases si sposerà e avrà figli, e anche questo è un dettaglio non secondario nella storia che stiamo raccontando. All’apparenza si tratta di una delle tante ferite nelle storie delle persone e in quella di un’istituzione che, come l’università, aveva fatto della libertà il suo motto. Il 20 agosto 1938 “Il Bò”, quindicinale del Guf (Gruppo Universitario Fascista), pubblica i nomi di tutti i professori ebrei in servizio presso l’Università di Padova.