Galilei, van Gogh e Primo Levi. Grazie a un'inattesa scoperta, la loro vita, il loro tempo e la nostra storia sono cambiati per sempre.
La storia di un atomo di carbonio prendeva corpo nel carcere di Aosta, prima del trasferimento di Levi a Fòssoli e poi ad Auschwitz. Per Levi, per il chimico sui generis Levi, non c’è nessuno iato tra lo studio della trasmutazione della materia e lo studio delle infinite variazioni che si manifestano nell’animale‐uomo, nella complessa macchina umana. Vita e materia non sono campi separati: il termine «cose» si riferisce anche alla materia umana, «comprende anche le persone». «Il Lager è stato per molti di noi e per me in specie, un osservatorio; cioè un altro modo parallelo a quello che dicevo prima del mestiere chimico, di immagazzinare esperienze positive». Se non avesse avuto quel tipo di mentalità tecnico‐scientifica, la forza della sua scrittura e la sua maniera di vedere e di capire non sarebbero state le stesse. «Io credo di poter dire altrettanto» dichiara nell’«Appendice» a Se questo è un uomo, richiamandosi a Lidia Rolfi, «e cioè che vivendo e poi scrivendo e meditando quegli avvenimenti, ho imparato molte cose sugli uomini e sul mondo».
La riscoperta di Gino Ravenna, atleta ebreo che prese parte ai Giochi di Londra del 1908. Suo fratello era il podestà fascista di Ferrara ma la loro ...
C’erano anche, in quella squadra, Pietro Bragaglia, primo portabandiera italiano ai Giochi e Gino Ravenna, i quali contribuirono a un sesto posto nel concorso generale – allora il programma olimpico della ginnastica si componeva solo del concorso a squadre e di quello individuale, dove fu il modenese Alberto Braglia a vincere la medaglia d’oro – che non portò allori, ma encomi sì, tanto per il metodo quanto per l’onore portato al Paese e alla città, al punto che i nazionali della Pgf furono accolti in trionfo tra ali di folla al ritorno a Ferrara. Dopo l’8 settembre e l’arresto del figlio Eugenio, un mese più tardi, la vicenda della famiglia Ravenna coincide con quella di numerose altre: il tentativo di fuga, l’arresto (a Domodossola), l’incarcerazione, il rastrellamento, il trasferimento nel campo di Fossoli, il treno numero 8 per Auschwitz, un viaggio durato quattro giorni (dal 22 al 26 febbraio 1944), l’uomo che diventa un numero, 174.541, e gli eventi che lo avrebbero portato alla morte il 30 aprile 1944. Ad averla riscoperta, un paio di anni fa, è stato Mirko Rimessi, consigliere di Palestra Ginnastica Ferrara (la stessa che, a marzo, ospitò diversi atleti della nazionale di ginnastica ucraina), membro della Società italiana di storia dello sport e già tedoforo nel 2018 nel cammino della torcia olimpica in Corea del Sud, che ha potuto riannodare i fili di questa storia accedendo agli archivi della società e a un libro dedicato alla famiglia Ravenna, della quale solo il figlio di Gino, Eugenio, sopravvisse al campo di sterminio, grazie alla liberazione russa del 27 gennaio 1945.
Primavera 1944, dopo mesi di preparazione due giovani ebrei slovacchi, Alfred Wetzler e Walter Rosenberg, che nella sua fuga attraverso l'Europa occupata ...
Credo che gli Alleati non bombardarono i binari ferroviari che conducevano i vagoni dei deportati ai campi di sterminio, vale a dire ciò che la leadership ebraica aveva chiesto loro facendo circolare il rapporto di Fred e Rudi, per diverse ragioni. Penso che sia per questo che una volta disse a un produttore televisivo della Bbc: «Non rappresento di sicuro il cliché del sopravvissuto all’Olocausto». Credo che Vrba sia stato una sorta di testimone «imbarazzante». Lo stesso Rudi Vrba riuscì ad ottenere un lavoro d’ufficio che gli permise di mangiare meglio, di indossare i suoi vestiti e gli consentì di accumulare la forza fisica necessaria per poter tentare poi la fuga. Gli organizzatori erano preoccupati che lui – come mi ha detto una delle persone che ho intervistato per il libro – si «lasciasse andare alle accuse e alla rabbia». Per questo, il suo obiettivo era scappare e avvertire il mondo di quanto stava accadendo e fare il possibile per fermare lo sterminio. Rudi era però frustrato da questa situazione, riteneva infatti che mentre i prigionieri che si erano organizzati stavano facendo un ottimo lavoro per migliorare le proprie condizioni, facevano ben poco per fermare il massacro di massa nelle camere a gas. E poi sullo schermo è apparsa una figura che assomigliava un po’ all’Al Pacino di Scarface: indossava un cappotto di pelle marrone e aveva una chioma folta di capelli scuri e lucenti. L’esempio di Rudi Vrba mi è apparso perciò come una sorta di caso estremo di lotta per la verità. Inoltre era comparso spesso in tribunale, testimoniando contro i criminali di guerra e anche contro i negazionisti dell’Olocausto. È vero, la decisione di scriverne la storia è arrivata quasi quarant’anni dopo. Il resoconto di una lucida testimonianza che tra memoir e romanzo d’avventura aiuta a far luce sulla vita quotidiana ad Auschwitz come sul modo in cui all’epoca si guardava a quanto lì stava accadendo e alla sorte di quanti vi erano imprigionati.
Quattro prigionere, nel 1944, fecero esplodere un crematorio del campo di sterminio. Ricordiamo la forza e il coraggio di quella rivolta.
E oggi, nel Giorno della Memoria, è nostro dovere ricordare la loro forza e il loro coraggio: le donne, che in un giorno di ordinaria crudeltà, fecero esplodere Auschwitz. Alcune venivano selezionate per essere inviate ai lavori forzati, pur sapendo che questi avrebbero causato la loro morte in tempi celeri, mentre quelle più belle e giovani potevano essere selezionate per i “bordelli” con la promessa, non mantenuta, della libertà dopo sei mesi; spesso, nei campi e nei ghetti, le donne venivano stuprate o obbligate a prestazioni sessuali in cambio di cibo o beni primari. Non appena arrivate nei campi di concentramento, le donne venivano divise in diverse file, denudate e sottoposte a una prima selezione: esporre il proprio corpo significava violentare quel rigoroso senso del pudore al quale, soprattutto in quegli anni, le donne venivano educate.
Suo padre, Arminio, come interprete diede voce e aiuto prima agli ebrei deportati dai nazifascisti dal ghetto di Roma, poi a chi ad Auschwitz veniva, ...
Prima della guerra, prima dei nazisti, prima di Birkenau e prima della perdita di quello che era. È con papà Giacobbe e la sorella Lucia che non ce la faranno a sopravvivere. “Dopo la Liberazione dal nazi fascismo, ricordo che le persone andavano in stazione a Roma ad attendere i treni, sperando di riabbracciare i propri cari che erano stati deportati”. Tanti i campi di sterminio in cui vive e sa trovare forza in una gavetta che un tedesco le lancia e dentro cui c'è della marmellata o in un cuoco che le chiede come si chiama, a lei che era diventata solo un numero. Il 9 maggio 1945 è di nuovo libera e torna a Fiume ma tutto è perduto e scopre che anche il fratello è stato ucciso. Andra e Tatiana Bucci avevano quattro e sei anni quando sono state deportate nel campo di sterminio di Auschwitz insieme ad una parte della loro famiglia. Il bisogno di ricordare, di rivivere e di condividere quello che ha vissuto inizia per caso e dopo una telefonata della Fondazione Schindler. Ora c'è anche una stella, come quella che la aiutò a superare le notti ad Auschwitz, che porta il nome di Liliana Segre. Per molti anni non ha voluto raccontare la sua esperienza per una forma di rispetto nei confronti di chi non era riuscito a salvarsi, ma tutte le sere, alla fine della giornata di lavoro, passava sempre in un luogo molto particolare. Trova la sua strada come fisioterapista del grande Ajax di Johan Cruijff e ora lotta per tutte le vittime ebree: ha ottenuto che le Ferrovie Olandesi diano un risarcimento ai sopravvissuti e ai loro eredi. A salvarlo, a Buchenwald, fu un soldato americano, che profumava di un sapone all'arancia. Suo padre, Arminio, come interprete diede voce e aiuto prima agli ebrei deportati dai nazifascisti dal ghetto di Roma, poi a chi ad Auschwitz veniva, prima che annichilito, reificato anche dalla Balele incomprensibile delle lingue del lager, primo strumento di violenza e divisione.
Menachem Haberman, un 95enne sopravvissuto ad Auschwitz, non è riuscito a trattenere le lacrime mentre si toglieva i visori e le cuffie d…
All'improvviso quello che appare come un tranquillo paesaggio di campagna si trasforma in un piccolo teatro bellico: un elicottero Mi8 dell'aviazione di Kiev sorvola a bassissima quota la stradina e i campi cir... Le statistiche parlano di 900mila bicilette per una popolazione di 882 abitanti. La prima volta, nel 1941, ha lasciato Kiev per sfuggire alla persecuzione nazista degli ebrei. All'interno degli occhialini gli spettatori possono assistere a una visita guidata a partire dall'ebraismo polacco prima dell'Olocausto, visitare i campi di sterminio nazisti di Auschwitz-Birkenau e il neonato Stato ebraico di Israele, insieme alle storie dei sopravvissuti all'Olocausto che raccontano i loro viaggi.A cura di Ugo Leo Il 27 febbraio il mondo celebra la Giornata internazionale della memoria dell'Olocausto.L'Organizzazione mondiale del sionismo ha riferito di un aumento dell'antisemitismo globale, notando un'impennata dei discorsi antisemiti sui social media. Menachem Haberman, un 95enne sopravvissuto ad Auschwitz, non è riuscito a trattenere le lacrime mentre si toglieva i visori e le cuffie dopo aver assistito a un tour virtuale nel campo di sterminio in cui ha vissuto l'incubo dell'Olocausto.
Alla proiezione erano presenti Luca Milano, direttore Rai Kids, Fabrizio Rondolino, nipote della famiglia Colombo e gli attori protagonisti del film, Mariandrea ...
Sceneggiatura a cura di Simona Ercolani, Serena Cervoni e Tancredi Maria Anzalone. La voce di Elena è di Nina Romano. Soggetto di Simona Ercolani, Serena Cervoni e Bianca Rondolino. Nel pomeriggio alle ore 15, è prevista invece una visita a Frazione Milani, presso la baita che ospitò la famiglia Colombo prima della deportazione, dove sarà scoperta la targa commemorativa a loro dedicata, con gli interventi della professoressa Alfreda Da Roit e di Giovanna Moretto, presidente A.N.P.I sez. Per circostanze non ancora chiarite, mentre i genitori furono condotti subito al campo di sterminio di Auschwitz, sullo stesso treno di Liliana Segre, Elena fu affidata ad amici di famiglia con i quali restò per tre mesi prima di essere deportata anche lei ad Auschwitz, dopo aver scritto un’ultima cartolina a Bianca. La proiezione è stata preceduta dalla cerimonia di intitolazione della Scuola Primaria di Forno Canavese a Elena Colombo alla presenza del sindaco Alessandro Gaudio, della dirigente scolastica Mariella Milone e di Fabrizio Rondolino insieme a una rappresentanza della Comunità Ebraica di Torino e agli alunni della Scuola Primaria e Secondaria di I Grado del paese.
La storia dell'unica bambina italiana ad aver affrontato da sola l'orrore della deportazione e dello sterminio diventa un cortometraggio.
E anche perché, come è scritto alla fine del cortometraggio “La cartolina di Elena Colombo”, «l’ultimo diritto delle vittime è di essere ricordate». Io, vedendo la sofferenza e la tenerezza di mia madre nel parlane ho sempre considerato Elena come una di famiglia. È sopraffazione, è la mentalità di chi vive secondo la legge del più forte quando, invece, avremmo dovuto imparare a vivere secondo coscienza». Così Elena Colombo, bambina di poco più di 10 anni, ha scritto in una lettera a Bianca Ballesio, staffetta partigiana, prima di partire per il campo di sterminio di Auschwitz. Una storia che, in occasione del Giorno della Memoria, celebrazione internazionale che commemora le vittime dell’Olocausto, è diventata un cortometraggio, “La Cartolina di Elena Colombo”, prodotto da Stand by me in collaborazione con Rai Kids. Improvvisamente, per il solo fatto di essere ebrea, tutto il suo mondo è stravolto.
Elena Colombo è una bambina ebrea torinese deportata nel '44 ad Auschwitz da sola, unico caso documentato in tutta la Shoah italiana.
"E' un evento molto emozionante, la storia di una bambina mandata a morire nell'indifferenza della gente che la circondava. "La Cartolina di Elena è un programma per ragazzi e famiglie, una storia che ha un valore universale e contribuisce a dare una conoscenza più ampia e universale della Shoah" ha detto Milano. La proiezione è stata preceduta dalla cerimonia di intitolazione della scuola primaria di Forno Canavese a Elena Colombo.
Elena Colombo deportata da sola dai nazisti nei campi di sterminio. Elena è una bambina ebrea torinese che nel '44 fu spedita ad Auschwitz.
“La Cartolina di Elena è un programma per ragazzi e famiglie, una storia che ha un valore universale e contribuisce a dare una conoscenza più ampia e universale della Shoah” ha detto Milano. Nata il 5 giugno del 1933 a Torino, Elena Colombo trascorre un’infanzia tranquilla e spensierata, quando la sua esistenza è sconvolta dalla promulgazione delle leggi razziali e dalla conseguente politica persecutoria che costringe tutta la famiglia Colombo a scappare. “E’ un evento molto emozionante, la storia di una bambina mandata a morire nell’indifferenza della gente che la circondava. Nel cast l’attrice e doppiatrice Francesca Vettori (voce de La Pimpa e di Eric Cartman di South Park) e Guido Ruffa, celebre per aver interpretato per molti anni Lupo Lucio nella Melevisione. A precedere la cerimonia l’intitolazione della scuola primaria di Forno Canavese a Elena Colombo. Elena è una bambina ebrea torinese che nel ’44 fu spedita ad Auschwitz senza i suoi familiari.
La primaria di Forno prende il nome della piccola Elena Colombo, morta quando non aveva compiuto 11 anni nel campo di concentramento nazista.
Elena Colombo non aveva ancora 11 anni quando è stata deportata e poi uccisa ad Auschwitz, il 10 aprile del 1944. Non a caso, infatti, la cerimonia di intitolazione è avvenuta questa mattina e fa parte delle iniziative legate al giorno della Memoria. Un nome importante, simbolico, scolpito nella storia della Shoah italiana.
È la prima volta che succede: nel 1945 fu l Armata Rossa a liberare il campo.
Il premier ha ringraziato la professoressa Milena Santerini «per il prezioso lavoro svolto in questi anni» a Palazzo Chigi. In questi giorni, poi, la senatrice a vita Liliana Segre ha lanciato un nuovo allarme: «Nessuno ha più voglia di sentire parlare dell’Olocausto e degli ebrei». Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un «atto barbarico».
Il complesso di campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau fu il più grande costruito dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e nell'immaginario ...
“Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione di quest’anno dell’anniversario della liberazione di Auschwitz” che avrà luogo questo venerdì, ha detto all’Afp Piotr Sawicki, portavoce del museo. Il complesso di campi di concentramento di Auschwitz-Birkenau fu il più grande costruito dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e nell’immaginario collettivo è diventato il simbolo del lager. Fu una vera e propria “fabbrica di morte” nel cuore dell’Europa orientale.
Una decisione che suona come un imperdonabile insulto alla memoria dei 7.000 prigionieri sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz tra cui 46 bambini ...
Il termine era stato adottato dal leader nazista ucraino Stepan Andriïovytch Bandera che collaborò con i tedeschi per uccidere un milione di ebrei, polacchi, ucraini e russi prima di fuggire all’avanzata dell’Armata Rossa in Ucraina nel 1943-1944. Il concetto dell’Untermensch sovietico in particolare servì ai nazisti come giustificazione l’aggressione all’Unione Sovietica del 1941 e gli innumerevoli massacri etnici di ucraini e russi. I 7.000 sopravvissuti devono la loro vita alla 100ª Divisione della 60ª Armata del Fronte Voronezh dell’Armata Rossa, ribattezzata “Primo Fronte Ucraino” dopo la liberazione dell’Ucraina, guidata dal Generale Krasavin che liberarono il campo di sterminio il 27 gennaio 1945. Il giorno dopo io e i miei uomini partecipammo alla liberazione del campo di Birkenau assieme alla 107a divisione di fanteria comandata dal colonnello V. Durante la battaglia di Kursk nel luglio 1943, Shapiro fu ferito, facilitando un periodo di convalescenza in ospedale. Uomini donne e bambini che la follia nazista aveva condannato a morte pechè li considerava Untermensch » Una decisione che suona come un imperdonabile insulto alla memoria dei 7.000 prigionieri sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz tra cui 46 bambini nati nel campo di sterminio e al 1,1 milione vittime di Auschwitz sterminate per volontà della «Soluzione finale » nazista. Come risultato della sua leadership durante questa azione, Shapiro fu nominato vice comandante del battaglione di fanteria e, un mese dopo, comandante del battaglione. Il maggiore Anatoliy Pavlovych Shapiro e la sua compagnia rimasero traumatizzati nello scoprire montagne di cadaveri semi carbonizzati, magazzini pieni di vestiti, scarpe, capelli, foto e altri oggetti personali confiscati ai prigionieri al loro arrivo nel campo di sterminio. Nato il 18 gennaio 1913 da una famiglia ebrea ucraina nella citta di Kostyantynohrad (attuale Krasnohrad), Anatoliy Pavlovych Shapiro si arruolò volontario nell’Armata Rossa nell’ottobre 1941 per combattere l’invasore tedesco e le milizie naziste ucraine di Bandera che collaboravano con Hitler. Sconfitta che costò la perdita di tanti miei giovani soldati. Gli italiani che morirono ad Auschwitz fuorno 847, tutti deportati dalle milizie fasciste della Repubblica di Salò per motivi politici o identità etnica.
"Il male estremo del genocidio non è stato un incidente improvviso e isolato". Lo ha sottolineato il direttore del Museo di Auschwitz Piotr M. A. Cywiński ...
Heschel istituito di recente presso l’Università cattolica di Lublino, il direttore del museo ha ribadito che lo stermino nei campi nazisti “in quanto un processo complesso” poteva essere perlomeno “ostacolato” ma “non si riuscì a farlo”. Ha rilevato inoltre che oggi “oltre la frontiera est della Polonia stiamo di fronte a dei processi che è difficile non considerare simili”. “Il campo di Auschwitz fu effetto anche di un progresso tecnologico”, ha osservato Cywiński aggiungendo che “ciò dimostra quanto il progresso possa essere utilizzato sia a fin di bene che per il male”.
Celebrazioni e polemiche: il lager in Polonia fu liberato proprio il 27 gennaio 1945 dai soldati dell'Unione Sovietica. Il portavoce del museo: "Ci vorrà ...
La storia non è una favola dove la divisione è netta tra il bene e il male, buoni e cattivi. Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un "atto barbarico". Il film di Benigni La vita è bella termina con la sequenza che ricorda il racconto di Arkhad, il panzer non porta la stella rossa, ma la bandiera a stelle e strisce.
Leggi su Sky TG24 l'articolo Giornata della Memoria, 15 immagini simbolo della Shoah: dai treni della morte a Auschwitz.
Ogni anno, il 27 gennaio, viene ricordato lo sterminio perpetrato dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale: ancora oggi sono presenti luoghi, pietre, mezzi e oggetti che ci ricordano quanto successo allora durante l'Olocausto
Il cancello del campo di sterminio è stato aperto dai soldati del 100° battaglione della divisione di Lviv, comandata da Anatolyj Shapiro, un ebreo nato a ...
Mosca protestò: non ancora screditato dall’aver spiegato che «Hitler era ebreo», il ministro degli Esteri russo Lavrov, disse che «sfruttare la storia del lager a fini nazionalistici sia molto cinico», e che «tutti sanno che a liberare Auschwitz fu l’Armata Rossa, composta da soldati di più etnie». In effetti, il non invito rappresenta il punto di arrivo di una tensione che iniziò a scalare dopo l’attacco a Crimea e Donbas, quando per i settant’anni dalla liberazione di Auschwitz, nel 2015, Putin non venne per lo sgarbo di non essere stato ufficialmente invitato. Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un «atto barbarico». «Quello è il campo di concentramento, perché qualsiasi campo contiene l’orrore di Auschwitz, non uno o un altro», disse pure Benigni. I monti della Valnerina, perché il campo di concentramento nel film è in realtà una vecchia fabbrica dismessa che fu riadattata come lager per le riprese e che si trova a Papigno, vicino a Terni. Allora, cominciamo subito a ricordare che fu un reparto dell’Armata Rossa che era composto al novanta per cento da ucraini e per il restante dieci per cento da bielorussi».
Quando i soldati sovietici entrarono ad Auschwitz furono accolti da un fetore insopportabile. Davanti a loro videro solo mucchi di scarpe, persone in condizioni ...
Avevo visto morire persone innocenti, persone impiccate, compresi i bambini, persone bruciate, ma non ero preparato a ciò che ho visto ad Auschwitz». Fu ad Auschwitz che compresi il destino che avevano patito gli ebrei». «Accanto a questo crematorio distrutto ci sono ossa, ossa e mucchi di scarpe alti diversi metri. Poco prima della resa della Germania, e con l'arrivo della primavera, la situazione si stabilizzò e la maggior parte dei sopravvissuti fu trasferita in alloggi perché potesse riprendersi. Accanto a questo crematorio distrutto ci sono ossa, ossa e mucchi di scarpe alti diversi metri. Ci sono molte testimonianze di prima mano dell'orrore di cui furono testimoni i soldati russi che liberarono Auschwitz. Fu molto difficile per i soldati stabilire un legame di fiducia con loro e fargli capire che appartenevano all'esercito sovietico e che erano lì per liberarli. I soldati sovietici che arrivarono al campo il 27 gennaio 1945 trovarono 370mila abiti da uomo, 837mila abiti da donna, 44mila paia di scarpe e 7,7 tonnellate di capelli umani, che, secondo calcoli fatti all'epoca, sarebbero appartenuti a circa 140mila persone. Primo Levi, il grande pensatore ebreo dell'Olocausto che fu imprigionato ad Auschwitz III-Monowitz, affermò che Auschwitz rappresentava «l'industrializzazione della morte su una scala inimmaginabile». Davanti a loro videro solo mucchi di scarpe, persone in condizioni subumane che vagavano senza meta, cadaveri a terra e bambini terrorizzati nelle baracche che gridavano: «Noi non siamo ebrei!». Ci sono torri di vigilanza con guardie armate e mitragliatrici ogni cinquanta metri. Quando i sovietici vi fecero il loro ingresso, la maggior parte delle guardie era già fuggita, anticipando le conseguenze dell'imminente arrivo dell'Armata rossa dopo la vittoria ottenuta mesi prima nel corso dell'operazione Bagration, che vide la liberazione dell'intera
Rivolgo un saluto molto cordiale, ai Presidenti del Senato, della Camera e del Consiglio dei ministri, alla Vice Presidente della Corte Costituzionale, ...
Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz, che costruì e diresse un sistema che produsse la morte di milioni di innocenti, poco prima di essere giustiziato per crimini di guerra, scrisse un agghiacciante memoriale sulla sua carriera di funzionario statale. Ma è espresso nell’impegno che – alla fine della Seconda Guerra mondiale – gli uomini liberi e gli Stati democratici presero, sulle ceneri di Auschwitz, per dire mai più. I principi che informano la nostra Costituzione repubblicana e la Carta dei Diritti Universali dell’Uomo rappresentano la radicale negazione dell’universo che ha condotto ad Auschwitz. Dopo aver espresso un non celato compiacimento burocratico per il grado di efficienza nello sterminio raggiunto nel suo campo, confidò di aver talvolta coltivato dubbi sulla necessità di uccidere tante persone, ma di aver trovato risposta e conforto nel fatto di eseguire, con zelo e sollecitudine, un ordine proveniente direttamente da Hitler. La parte maggiore della responsabilità delle leggi e della politica razzista, in Germania e in Italia va attribuita ai capi dei due regimi, Hitler e Mussolini. Bertold Brecht, a commento dell’immagine di una donna che si aggirava disperata tra le macerie di un palazzo raso al suolo dai bombardamenti, scrisse: «Non incolpare il destino, o donna! Non possiamo dimenticare – ricordando i deportati italiani – le sofferenze patite dai nostri militari, internati nei campi di prigionia tedesca, dopo il rifiuto di passare nelle file della Repubblica di Salò, alleata e complice dell’occupante nazista. È di grande significato che la Costituzione repubblicana, dopo la Liberazione, volle sancire solennemente, all’articolo 3, la pari dignità ed eguaglianza di tutti i cittadini, anche con l’espressione “senza distinzione di razza”. Il professor Foà, che ha condiviso con Chiara e Martina la sua testimonianza dolorosa e preziosa. Noemi Di Segni e il Ministro Valditara, per le parole piene di significato. Il professor Sacerdoti, per la sua puntuale e appassionata relazione. Lo facciamo, sempre, con l’animo colmo di angoscia e di riprovazione.
Il campo di concentramento fu liberato dai soldati sovietici il 27 gennaio 1945. Finora la Russia è sempre stata rappresentata alle commemorazioni che si ...
“Alla decisione del Museo della deportazione di Auschwitz, di escludere la Russia dalle celebrazioni del 27 gennaio, non si può che rispondere con Hemingway: “Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all’Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita”, commenta il Prof. E chi sarebbero gli Stati e i popoli detentori della “civiltà”? E oggi vedere messa la Russia non solo sul banco degli imputati, ma additata come abisso di “barbarie” è intollerabile. Finora la Russia è sempre stata rappresentata alle commemorazioni che si tengono il 27 gennaio di ogni anno. I russi che liberarono il campo non potranno partecipare alle cerimonie dalla liberazione di quest’anno. Il campo di concentramento fu liberato dai soldati sovietici il 27 gennaio 1945.
Una sopravvissuta: "Oggi, mentre mi trovo qui ad Auschwitz-Birkenau, ho il terrore di leggere i resoconti di una guerra che si svolge così vicino a noi.
Perché la politica è così?" La Russia, che ci ha liberato qui ad Auschwitz, ora sta conducendo una guerra contro l'Ucraina. "Oggi, mentre mi trovo qui ad Auschwitz-Birkenau, ho il terrore di leggere i resoconti di una guerra che si svolge così vicino a noi.
Settantotto anni fa, il 27 gennaio del 1945 l'Armata Rossa entra nel campo di concentramento nazista di Auschwitz e da quel giorno inizia una nuova era per ...
Significa tenere insieme le due cose il ricordo e la storia e uno sguardo sul presente. Mentre il lento passo dei cavalli di Yankel mi trascinava verso la lontanissima libertà, sfilarono per l’ultima volta sotto i miei occhi le baracche dove avevo sofferto e mi ero maturato, la piazza dell’Appello su cui ancora si ergevano, fianco a fianco, la forca e un gigantesco albero di Natale, e la porta della schiavitù, su cui, vane ormai, ancora si leggevano le tre parole della derisione: “Arbeit Macht Frei”, “Il lavoro rende liberi”». L’Europa, in modo particolare, ha «preso la memoria della Shoah come un principio di libertà su cui crescere e a cui ispirarsi nel suo agire contro ogni razzismo, oppressione, fascismo», ci ricorda la storica Anna Foa. Così come ci ricorda che ciò che nasce come ricordo e memoria dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti deve essere oggi un monito contro ogni razzismo, contro ogni genocidio. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti». Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sòmogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera.
In occasione della Giornata della Memoria il presidente della Repubblica sottolinea che "la parte maggiore della responsabilita delle leggi e della...
di: Ansa. 27/01/2023. "Ancora una volta persone innocenti vengono uccise in massa in Europa. La Russia, incapace di conquistare l'Ucraina, ...
ma scritti in russo". E quindi è difficile stare qui oggi". "Ancora una volta persone innocenti vengono uccise in massa in Europa.
La reazione di Menachem Haberman, un 95enne sopravvissuto ad Auschwitz, che ha rivissuto la tragedia del campo di sterminio tramite gli occhiali della...
E alla fine non è riuscito a trattenere le lacrime. "Ma abbiamo visto che il muro della morte era lì e molte volte abbiamo visto come le persone stavano lì e venivano fucilate", ha aggiunto. Sono queste le prime parole di , un 95enne sopravvissuto ad Auschwitz, che oggi, nel giorno della Memoria dell'Olocausto, ha rivissuto la realtà all'intero del campo di concentramento attraverso la realtà virtuale.
(LaPresse) Oggi, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria che ricorda il momento in cui l'Armata Rossa entrò nel campo di concentramento polacco...
"Non potevo dire a nessuno che ero ad Auschwitz", racconta in occasione dell'anniversario Maria Horl, sopravvissuta nel campo di sterminio nazista. (LaPresse) Oggi, 27 gennaio, ricorre il Giorno della Memoria che ricorda il momento in cui l'Armata Rossa entrò nel campo di concentramento polacco di Auschwitz, liberando gli oltre 7mila sopravvissuti presenti. Solo qui, quando sono venuta per le celebrazioni dell'anniversario, ho raccontato la cosa ad alcune persone ma indossavo le maniche lunghe", prosegue la donna dopo aver fatto vedere a cronisti e fotografi il numero che aveva tatuato sul braccio.
Giorno della memoria. Mattarella: “I cancelli di Auschwitz si spalancano tuttora sopra un abisso oscuro e impenetrabile di cancellazione totale della dignità ...
Ma osservando, dall’alto e a distanza crescente di anni, il baratro di abominio e perversione culminato nelle camere a gas e nei forni crematori, si viene tuttora colti da un senso di smarrimento, di impotenza, di incredulità. ‘Eventi incredibili – scrisse Luigi Meneghello – e insieme orribilmente documentabili.’ I cancelli di Auschwitz si spalancano tuttora sopra un abisso oscuro e impenetrabile di cancellazione totale della dignità dell’uomo: il buio della ragione che, come avvertiva Goya, genera mostri. Milioni di donne e di uomini, furono spogliati e depredati di tutto, della dignità e della vita, ridotti e trattati come oggetti senza valore.Rincuora pensare che adesso, oltre ai tanti in visita, ogni anno, migliaia di ragazzi diano vita a una “marcia dei viventi” da Auschwitz a Birkenau, per vicinanza ai sopravvissuti e per ricordo di quanti vi trovarono la morte”, aggiunge il Capo dello Stato. “La parte maggiore della responsabilità delle leggi e della politica razzista, in Germania e in Italia va attribuita ai capi dei due regimi, Hitler e Mussolini. Bertold Brecht, a commento dell’immagine di una donna che si aggirava disperata tra le macerie di un palazzo raso al suolo dai bombardamenti, scrisse: «Non incolpare il destino, o donna! Il loro ‘no’ ha rappresentato un atto di estremo coraggio, di riscatto morale, di Resistenza – prosegue il Presidente della Repubblica – Non possiamo dimenticare – ricordando i deportati italiani – le sofferenze patite dai nostri militari, internati nei campi di prigionia tedesca, dopo il rifiuto di passare nelle file della Repubblica di Salò, alleata e complice dell’occupante nazista. Tanti furono così consegnati alle SS tedesche.Vi furono tanti italiani, i “giusti”, che rischiando e a volte perdendo la propria vita, decisero di resistere alla barbarie nazista, nascondendo o aiutando gli ebrei a scappare. La Shoah, infatti, ossia la messa in pratica di una volontà di cancellare dalla faccia della terra persone e gruppi ritenuti inferiori, è stato un lento e inesorabile processo, una lunga catena con molti anelli e altrettante responsabilità. “Ogni anno, il Giorno della Memoria, istituito con legge nel 2000, ci sollecita a ricordare, a testimoniare e a meditare sui tragici avvenimenti che attraversarono e colpirono l’Europa nella prima metà del secolo scorso, il Novecento; definito, da alcuni storici, non senza ragione, come “il secolo degli Stermini lo facciamo, sempre, con l’animo colmo di angoscia e di riprovazione. È di grande significato che la Costituzione repubblicana, dopo la Liberazione, volle sancire solennemente, all’articolo 3, la pari dignità ed eguaglianza di tutti i cittadini, anche con l’espressione “senza distinzione di razza”. Tossine letali – razzismo, nazionalismo aggressivo e guerrafondaio, autoritarismo, culto del capo, divinizzazione dello Stato – che circolarono, fin dai primi anni del secolo scorso, dalle università ai salotti, persino tra artisti e scienziati, avvelenando i popoli, offuscando le menti, rendendo aridi cuori e sentimenti”, afferma il Presidente della Repubblica.
27 gennaio si celebra il giorno della memoria ovvero la data in cui l'Armata Rossa entrava nel campo nazista di Auschwitz per liberare i prigionieri ebrei ...
Anche Google sta cercando di riscrivere la storia. Più semplicemente il fatto che i siti pubblichino informazioni vere su questa data non vengono più considerati attendibili. I russi sono cattivi e non possono essere loro ad aver liberato gli ebrei che ancora il regime nazista non aveva passato ai forni crematori dopo averli uccisi nelle camere a gas.
La figlia del leader socialista fu deportata nel campo di sterminio il 27 gennaio 1943, due anni prima dell'arrivo dell'Armata rossa. Non perché fosse ebrea ...
Ma mi pareva di compiere un atto di viltà». Vittoria sposò giovanissima Henry e, quando Parigi venne occupata dai nazisti, lo convinse a utilizzare la tipografia di famiglia per stampare materiale antifascista. Il podcast, disponibile sulle maggiori piattaforme, racconta la storia di Vivà, il suo impegno, la sua morte per la libertà, contro le violenze e i soprusi dei nazisti in Europa, dei fascisti in Italia. Pietro Nenni era già in carcere, poi decise di scappare in Francia. Il podcast, in due episodi della durata di circa 15 minuti l’uno, è stato realizzato interamente dalla Fondazione Pietro Nenni. Furono ben 230 le donne partigiane francesi deportate con Vittoria Nenni in Germania dal carcere di Romainville, non lontano da Parigi, «su un lurido treno».
Oleg Mandic è l'ultima persona viva ad aver lasciato Auschwitz, dopo la liberazione dell'Armata Rossa.
Poi, lavoravo come giornalista, il capo redattore mi fece una sfuriata: "Il trauma che tu hai vissuto, e di cui siamo consci tutti noi, non è soltanto un affare tuo, appartiene a tutti noi, a tutta l'umanità. Io non avevo mai visto le distese di grano, e lui non aveva mai visto il mare. Per me rappresentava un'anima di quelli che non ce l'hanno fatta. Mi sedevo sui binari, e mi mettevo in comunicazione con le anime di chi non ce l'ha fatta. E' a questo che ti porta il campo di concentramento. Ero presente quando uccisero a bastonate una prigioniera che non si era presentata in tempo all'appello. Se non ti "organizzavi" eri considerato uno stupido, e saresti morto. E loro si misero a ridere, dicendo: "Penvamo foste già in fumo". Ricordo una grande sala, in fondo c'erano una decina di tavoli e in fondo degli scribacchini. A mezzogiorno ci davano la "lager zup", una brodaglia. Iniziò così: "Maschi da una parte, donne e bambini dall'altra". Non era facile sopravvivere neanche nel campo ormai liberato dai nazisti: "In una settimana morirono il 20% delle persone rimaste, i cadaveri in terra erano così tanti che non li raccoglievamo neanche più.