PRIMO LEVI "I SOMMERSI E I SALVATI" EINUADI, TORINO, (1986) 2007, pp. 160 Per la prossima giornata della memoria delle vittime del nazismo e del fascismo.
Levi parte proprio da qui nell’incipit del capitolo I, “La memoria dell’offesa”, scrivendo che “la memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace”. Per questo Levi dedica il capitolo più denso (il II, “La zona grigia”) a coloro che tra i prigionieri collaborarono, molti di questi sono sopravvissuti e possono recare la loro testimonianza proprio per questo. Senza di essa non ci sarebbe la storia e non ci potrebbe essere testimonianza, impegno a cui Levi si stente chiamato, ma essa tende a dimenticare per ragioni materiali, che non sfuggono al chimico Levi, e per ragioni psicologiche, perché ricordare vuol dire “rinnovare il dolore” di “un trauma patito o inflitto”. Il titolo fu deciso dall’editore, non piaceva a Levi perché troppo simile a “Uomini e no” di Vittorini. Questo libro di Levi esce nel 1986 un anno prima del suo suicidio, che è un destino comune a molti dei sopravvissuti, legato – secondo Levi – al senso di colpa per la sopravvivenza. Non è che mi scelgo tutti i libri da leggere tra quelli che attengono alla guerra, è che la letteratura ne è piena perché la storia umana è – come in maniera improvvida ci insegnano a scuola – una serie sterminata di guerre che si succedono una all’altra.