Questo ha rianimato la polemica sull'uso delle tecnologie del controllo e sui “rischi per la privacy” generati dalla creazione di una società della sorveglianza ...
È altrettanto chiaro - ma evidentemente non abbastanza - che non è un dibattito pubblico basato su presupposti indimostrati, ma il confronto con la realtà effettuale a consentire di adottare scelte difficili con tutta la necessaria attenzione. È chiaro - ma evidentemente non abbastanza - che non è lo strumento a mettere in pericolo i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo, ma lo scarso livello di tenuta democratica delle istituzioni e, in definitiva, l’insufficiente esercizio, da parte degli individui, dei diritti connessi allo status di cittadino. Certo, errori e abusi anche in ambito privato sono sempre possibili, ma rappresentano l’eccezione, non la regola e pertanto non si può parlare di un “pericolo per la democrazia” collegato agli algoritmi di riconoscimento. Tradotto dal legalese, questo significa che oggi anche volendo il Ministero dell’interno non potrebbe gestire un apparato del genere in totale autonomia perché è sempre possibile - e dovuto - il controllo da parte della magistratura. Dunque, non ci sono elementi fattuali e riscontri sui “pericoli” derivanti da “possibili” abusi dell’esecutivo rispetto all’utilizzo dell’apparato di sorveglianza e controllo a disposizione delle forze di pubblica sicurezza. [Nel 2001 il Garante dei dati personali “scoprì” che l’Arma dei Carabinieri conservava un esteso archivio di “pratiche personali permanenti”](https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/46694) ma dovette prendere atto che si trattava di attività del tutto lecita. Da un lato, innegabilmente, fomentare la paura della sorveglianza di massa è servito per costruire carriere professionali, accademiche e commerciali. Siamo di fronte a una posizione concettualmente, giuridicamente e fattualmente discutibile, costruita sulla paranoia per la privacy ereditata dall’antropologia statunitense, sulla “sindrome di Frankenstein” - la paura che il “monstrum” si ribelli al proprio creatore - e sull’applicare un “principio di precauzione”, privo di qualsiasi fondamento oggettivo, in base al quale l’occasione fa lo Stato spione. L’assenza di documenti di identità o il sospetto che siano falsi consente l’ “accompagnamento” negli uffici di polizia per prendere le impronte digitali e procedere alla fotosegnalazione. Almeno in questo caso i solerti “difensori della privacy” sono stati costretti, obtorto collo, ad accettare il fatto che non tanto le telecamere di per se stesse quanto la possibilità di estrarre informazioni dalle videoriprese sia stata risolutiva per identificare un sospettato. L’anagrafe tributaria, alla quale accede anche la Guardia di finanza, è uno strumento potentissimo per la definizione del “profilo fiscale” di ciascuno di noi e se venisse usato in modo più esteso, incrociandola con il PRA, il catasto e la conservatoria dei registri immobiliari aiuterebbe a vibrare un colpo micidiale all’evasione (ma non si può “perché c’è la privacy”). Questa considerazione non tranquillizza i solerti difensori della privacy, secondo i quali anche la sola possibilità del riconoscimento a posteriori rappresenta un rischio per la democrazia perché rinforza l’apparato della sorveglianza globale.
Grave incidente stradale nella serata di domenicia 15 gennaio in via del Bosco a Sorbolo, poco dopo le ore 22.30. Per cause in corso di accertamento un'auto ...
L'allarme è scattato da subito e sul posto sono arrivati i soccorritori del 118 e una squadra dei vigili del fuoco. Quando gli operatori del 115 sono arrivati sul posto per cercare di liberare la conducente, la donna era già riuscita ad uscire dal veicolo, praticamente illesa. Grave incidente stradale nella serata di domenicia 15 gennaio in via del Bosco a Sorbolo, poco dopo le ore 22.30.