Perequazione

2023 - 1 - 12

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Image courtesy of "Il Diario del Lavoro"

Il governo Meloni e il “tormentone perequazione” - Il Diario del Lavoro (Il Diario del Lavoro)

Il governo Meloni non ha esitato a ''fare cassa'' nell'unico modo che garantisce maggiori entrate o risparmi di spesa pensionistica: la manipolazione della ...

Il tourbillon della perequazione automatica ebbe inizio dal 2012 nell’ambito della Fornero che stabilì il blocco dell’indicizzazione a carico delle fasce al di sopra di tre volte l’importo del minimo (fino a 1.405,05 euro lordi mensili nel 2012, e 1.443 nel 2013 l’indicizzazione restava al 100 per cento). Il meccanismo standard della rivalutazione automatica prevede che sia piena solo per le quote di pensioni più basse e parziale per le quote di pensioni superiori ovvero: indicizzazione al 100% del costo vita sulla quota di pensione fino a 3 volte il trattamento minimo; al 90% sulla quota di pensione compresa tra 3 e 5 volte il trattamento minimo; al 75% sulla quota di pensione superiore a 5 volte il trattamento minimo. Per consentire a 41 mila lavoratori di usufruire della ‘’pensione anticipata flessibile’’ si è manomessa per due anni la perequazione automatica di 3,3 milioni di pensionati. Ma nella legge di bilancio per il 2016 (allo scopo di finanziare ‘’opzione donna’’ introdotta nel 2004, ma rimasta a lungo in letargo) tale termine venne spostato alle fine del 2018. Il governo giallo-verde spostò in avanti di un triennio il ripristino della normale perequazione. Il che indusse il governo Renzi a rimediare per decreto (dl n.65/2015) ampliando, in modo retroattivo, il numero dei soggetti tutelati (senza coprire tuttavia l’intera platea), e con aliquote di perequazione ridotte man mano che cresceva l’ammontare del trattamento. Nel 2009-2010, addirittura, venne migliorato il sistema: l’indicizzazione fu portata al 100% del costo vita sulla quota di pensione fino a 5 volte il trattamento minimo (fino a 2.217,80 euro lordi mensili del 2009 e 2.288,80 euro del 2010). Il balzo in avanti fu però compensato dal 75% sulla quota di pensione superiore a 5 volte il trattamento minimo (da 2.217,81 euro lordi mensili del 2009 e da 2.288,81 euro nel 2010). Non si può dire che questo secondo strumento di perequazione abbia avuto riscontri positivi, tanto che le organizzazioni sindacali non si mostrarono eccessive preoccupazioni per la sua abolizione, nonostante che questa misura fosse la più significativa per il contenimento a regime della spesa pensionistica, come è dimostrato dal grafico sottostante che il governo italiano presentò in sede Ue nel contesto del Patto di stabilità e convergenza del 1998 che consentì l’ingresso nel club della moneta unica. Successivamente venne introdotto un secondo meccanismo di adeguamento legato alle retribuzioni contrattuali dei lavoratori attivi, fino a quando nel dlgs n.503 del 1992, nell’ambito della riforma del primo governo di Giuliano Amato, gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicarono, con decorrenza dal 1994,sulla base del solo adeguamento al costo vita con cadenza annuale ed effetto dal 1° novembre di ogni anno. La perequazione automatica – che percorre un pezzo di cammino in parallelo con la ‘’scala mobile’’ di infausta memoria (tanto da essere coinvolta per anni dalla logica del punto unico, poi rivista nel contesto della problematica delle c.d. Il governo Meloni non ha esitato a “fare cassa” nell’unico modo che garantisce maggiori entrate o risparmi di spesa pensionistica: la manipolazione della perequazione automatico del trattamenti in ragione dell’incremento del costo della vita.

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