L'impresa fiumana non fu soltanto l'espressione di un acceso nazionalismo ma rappresentò un crogiolo di idee, un microcosmo di slanci ribelli.
Acquisizioni più e meno recenti hanno corretto talune letture parziali: ad esempio, l’uno accusò l’altro di non sostenere adeguatamente la spedizione in una lettera pubblicata da “Il Popolo d’Italia” omettendo i passaggi più compromettenti, circostanza che il Vate non denunciò verosimilmente per senso di superiorità (la mistificazione fu scoperta nel 1954). L’impopolarità della scelta di D’Annunzio – alla stregua dell’ammiraglio Nelson, sicuro di compiere un gesto di coraggio nobile e raro disobbedendo a ordini ritenuti in conflitto con l’onore nazionale, ma impotente di fronte alla rapida azione repressiva che si concluse con il Natale di sangue – ebbe ripercussioni anche negli ambienti più estremi. L’assoluta incompatibilità del Comandante con le “gabbie” delle divisioni ideologiche fu il pre-requisito di un “cortocircuito” politico, sociale, economico e diplomatico che si sostanziò nel progetto della Lega di Fiume, cioè nel sogno romantico di un’associazione internazionale indipendente dei popoli oppressi, rimasto ignoto fino agli anni settanta.
Il 12 settembre 1919 un poeta, alla testa di duemila soldati ribelli, conquista una città senza sparare un colpo. Vi rimarrà oltre un anno, opponendosi alle ...
Quest’ultimo concetto non poacque alla fazione liberista e conservatrice, insieme alla possibilità d’istituire una dittatura temporanea nei casi di “pericolo estremo”. Per sedici mesi Fiume fu teatro di cospirazioni, feste, beffe, battaglie, amori, in un intreccio diplomatico e politico sospeso tra utopia e realtà. Vi rimarrà oltre un anno, opponendosi alle maggiori potenze sotto gli occhi di un mondo ancora sconvolto dalla Grande Guerra.