"C'è chi sa, sia dentro che fuori dal Vaticano", scrive Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, sfogandosi sui social dopo la notizia di...
Si tratta di una registrazione rubata a un sodale di Enrico De Pedis, boss della banda della Magliana.
Il verbale (inedito) di Marco Accetti sul prelevamento della ragazza davanti al Senato: "De Pedis le mostrò un tascapane con la lettera A di Avon.
Per cui a prendere la Orlandi si avvicina la sua compagna d’istituto del Convitto (la famosa ragazza con i capelli ricci notata in zona ma mai individuata, ndr), che nel primo incontro del pomeriggio tra la Orlandi e l’imprenditore, doveva mantenersi distante per non vedere in viso l’imprenditore, in quanto sarebbe stata una ulteriore testimone contro il signor De Pedis ed al tempo stesso, nel caso in futuro avesse preso conoscenza della reale identità di quella persona, avrebbe potuto temere per la propria incolumità in quanto testimone. Un sequestro ideato come temporaneo, da far durare pochi giorni e nato come un allontanamento volontario da casa (è indubbio che la ragazza cadde ingenuamente in un tranello), con il precipitare degli eventi crebbe di mese in mese, allarmando l'opinione pubblica mondiale, e si trasformò nell'intrigo più torbido e inquietante di fine Novecento. A tal’uopo si decise di trattenere la ragazza, la cui “scomparsa” si poteva “gestire” anche in rapporto a tale possibile necessità…”». Riuscimmo a comunicare alla Orlandi tramite una compagna di scuola di musica, già in rapporto con noi, di dire alla sorella che avrebbe risposto al telefono i codici "Avon" e "375"». La Orlandi e la compagna si avviano, attraversando Corso Rinascimento, in direzione Corso Vittorio Emanuele II, e si fermano all’imboccatura di una stretta via che immette in piazza Navona (corsia Agonale, ndr). Va premesso che il fotografo oggi 67enne si è autoaccusato del sequestro, affermando di essere stato ingaggiato da un gruppo di religiosi (il cosiddetto “ganglio”) interessati da un lato a contrastare la linea fortemente anti-comunista di papa Wojtyla e dall’altro a chiudere con un accordo la partita finanziaria (disastrosa per il Vaticano) legata al crak del Banco Ambrosiano. Si posiziona così sulla scena, affermando di essersi vestito e acconciato in modo da somigliare a “Renatino”: «Io ero già posizionato nei pressi di un vestigio – piedritto dello Stadio di Domiziano, e al momento del suddetto incontro fuoriuscii e, simulando di fotografare la ragazza tedesca con la quale ero arrivato, ripresi in realtà la Orlandi e l’imprenditore. La Bmw, parcheggiata in doppia fila nel tratto che va dal Senato a Corso Vittorio Emanuele II, nel vedere la ragazza avanza e sterzando a sinistra va ad accostarsi contromano e in doppia fila al centro della suddetta stradina. «Dopo la morte del Presidente dell’Ambrosiano Calvi – scrive Accetti nel documento secretato dalla Procura - venne meno la compattezza di quell’ insieme di persone che a lui prestava fondi da destinare a Solidarnosc, e fu quindi agevole convincere il signor De Pedis a collaborare con noi. Si tratta di un documento inedito, tuttora custodito in Procura, che oggi assume interesse anche alla luce della credibilità che si è guadagnata lo stesso Accetti la scorsa estate, allorché il pm Erminio Amelio ha disposto l’apertura della [tomba di Katy Skerl](https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_luglio_21/emanuela-orlandi-tomba-vuota-katy-skerl-un-etichetta-frattina-riaprono-giallo-la-fotostoria-93f10348-090f-11ed-ba42-106d8f7128de.shtml) (una 17enne assassinata nel 1984, delitto collegato al caso Orlandi) e verificato che effettivamente la bara era stata rubata, così come era stato rivelato con largo anticipo dall’ “uomo del flauto” (peraltro coinvolto anche nella morte di Josè Garramon, [qui ](https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/22_dicembre_01/emanuela-orlandi-e-il-caso-garramon-la-madre-di-jose-mio-figlio-vittima-del-piano-condor-14500d98-344e-4116-b343-c33852111xlk.shtml)la recente intervista del Corriere alla mamma del piccolo). [Marco Accetti](), l’uomo che nel 2013 consegnò il flauto riconosciuto dalla famiglia come quello di Emanuela e la cui voce corrisponde a quella di almeno un paio di telefonisti, ha infatti chiamato in causa molte volte “Renatino” nel suo memoriale di autoaccusa, che contiene una ricostruzione minuto per minuto del sequestro di Emanuela davanti al Senato. Fu l’ex amante Sabrina Minardi, nell’inchiesta aperta nel 2008 dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, la prima a puntare il dito contro “Renatino”, [mettendo a verbale]() di aver accompagnato in macchina “la ragazzina” ai piedi del Gianicolo, dopo aver percorso la “strada delle mille curve”, proprio su richiesta di De Pedis.