La Regina Elisabetta se n'è andata. Non è la fine del mondo, ma è di certo la fine di un mondo.
È difficile parlare di lei senza sembrare inveterati monarchici, fan di un’istituzione che non ha alcun motivo di esistere nel mondo contemporaneo, ma è anche impossibile scrivere di lei senza una forma di rispetto per la sua capacità di tenere la barra dritta in ogni momento, anche i più difficili e imbarazzanti. Charles sarà un re anziano, costretto ad appoggiarsi molto al figlio maggiore William e alla nuora Catherine per mantenere un rapporto con la gente, ma il rapporto compromesso con il figlio minore Harry è un’ulteriore macchia sulla sua reputazione. [settant’anni di regno](/2056/la-regina-elisabetta-da-i-numeri), tre giubilei, sedici primi ministri inclusa Liz Truss, un conflitto con l’Argentina per il dominio delle Malvinas, la fine di un impero e lo sfaldamento progressivo del Commonwealth. Da quel punto, la vita di Elizabeth cambia: è lei l’erede, è lei quella che deve essere preparata a regnare. Se n’è andata, e la maggior parte di noi non vedrà mai più una regina sul trono d’Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Pensavamo che sarebbe durata per sempre, Elisabetta, con i suoi cappellini e i suoi vestiti colorati che negli anni ’80 le erano valsi il titolo di “Peggio vestita” sui tabloid italiani, e invece erano un espediente per risultare visibile alle grandi folle.
Con la morte della Regina Elisabetta II, camba la declinazione dell'inno del Regno Unito. Da God Save the Queen si torna a God Save the King.
Oggi, i Nuova Zelanda, ha valenza di inno nazionale insieme all'attuale God defend New Zealand. Nel novembre del 1951 risuonò per l'Inghilterra 'God Save Th King', prima della gara contro l'Austria: un 2-2, nel 28 del mese. In linea di successione infatti, a succederle sarà un uomo.
Icona pop (e punk) in ogni senso del termine, protagonista di opere d'arte e di serie tv, di copertine di riviste e di album: ecco i ritratti memorabili ...
Sull’aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes, “The Crown”, la serie Netflix incentrata sulla vita di Elisabetta II, ha un indice di gradimento del 92%, con un voto medio di 8.9. E migliaia saranno le persone che andranno in pellegrinaggio in Scozia, dove la Regina si trovava, al Castello di Balmoral, per ricordarla. 150 milioni di persone, cioè di sudditi, in tutto il mondo ne piangono la scomparsa o, almeno, nel bene e nel male stanno provando un’emozione tutta particolare, unicamente british.
Quando il 27 maggio 1977 le radio trasmisero per la prima volta il secondo singolo dei Sex Pistols, band simbolo del movimento punk che stava per spazzare ...
In anni recenti Lydon ha preso le distanze dal sé ventenne che inveiva contro 'the queen': "Voglio dire al mondo questo - ha detto il cantante ad un talk televisivo - la canzone è antimonarchici ma non è antiumana. 'God save the queen' - quella 'originale' - è l'inno nazionale del Regno Unito, il più antico del mondo (la composizione risale agli anni 1736-40).“Dio salvi la nostra gentile regina. Quello che è certo è che il 45 giri - sulla copertina il ritratto della regina con gli occhi coperti dalla scritta 'God save the queen' e la bocca dal nome del gruppo - raggiunse presto il secondo posto nella classifica di vendita e fu bandito dalla Bbc.
Leggi su Sky TG24 l'articolo Regina Elisabetta, musica e canzoni ispirate a Sua Maestà: dai Beatles ai Sex Pistols.
È un brano benefico, nato per sostenere la campagna contro il cancro al seno, patalogia della quale è rimasta vittima una conoscente dell’artista. Quando si dice non conoscere la diplomazia: "Repeat after me, f*** queen and country" è abbastanza esplicito nell’esternare il pensiero della band. Quindi la regina resta sullo sfondo e la sua è una presenza ingombrante. Ironizza sui possedimenti di Elisabetta, sul suo “stipendio” annuale e sul fatto di essere ricompensata per le cose che non fa. Questo brano è diverso dagli altri perché la regina è una co-protagonista. Non è forse la rappresentazione di una rivoluzione, l’ultima in ambito musicale, ma di certo questo brano ne è l’inno.
La monarca fu abile a intercettare il cambiamento del gusto coi Fab Four, ma divenne poi il bersaglio preferito della contestazione punk. Per finire...
Un amore che non risorgerà nel decennio successivo (gli Smiths arriveranno addirittura ad immaginarsi una Regina, precocemente, morta in «Queen is Dead») , dove semmai sarà Lady Diana, appassionata di fatto e non solo di forma, ad avere rapporti con le popstar e andare ai loro concerti. I Sex Pistols e il punk in generale si ribellano a questo dogma e la Regina che di quel classismo è, per loro, la rappresentazione più plastica, diventa il primo bersaglio. È l’idillio degli anni’60 che termina brutalmente con la crisi economica e la disoccupazione galoppante del decennio successivo, con il classismo dominante che vuole l’operaio figlio di operai.