Erano i primi anni '80 e Gassman andava in scena al teatro Quirino di Roma (oggi a lui intestato) con ''Affabulazione'' tragedia di Pier Paolo Pasolini.
Io poi non chiedo di meglio che morire in scena come il grande Edmund Kean". Decisi di non continuare a sfidarlo e andai via. Ne fecero le spese soprattutto Tony Santagata - che non riuscì a finire la sua "Quant'è bello lu primmo ammore" per le intemperanze di un loggionista invitato dal cantante a raggiungerlo sul palcoscenico per rompergli le ossa e qualcos'altr o- e il povero Bruno Martino investito da una salva di fischi all'atto di cantare ad una ventenne di cui è innamorato: "Ma tu chi sei, che dici pane al pane e vino al vino e un giorno mi hai chiamato paparino..." Per il resto, il pubblico passò gradualmente da un atteggiamento di fiduciosa attesa del proprio beniamino - e via via che si avvicendevano miserevolmente sul palcoscenico gli spettatori 'artisti' - a una furiosa reazione contro il "traditore". Non mi feci sfuggire l'occasione di vedere misurarsi "il mattatore" con l'ostico teatro pasoliniano. Dapprima suoi allievi si esibirono in saggi teatrali, e tra questi si mise in mostra un ragazzo pugliese nella parte di uno sfaccendato vitellone pugliese che non trova di meglio che andar su e giù per il corso principale del paese in attesa di non si sa cosa: "Passo e arpasso pe' l'Orientele", divertì i presenti e fu -ripetuto come un mantra per tutta la sera- l'unica nota di buonumore che si registrò.